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sabato 10 luglio 2010

Pensieri circa il testamento biologico

Il “testamento di fine vita” o “living will” è un documento, simile al testamento, in cui una persona lascia per iscritto le volontà circa i trattamenti che vuole o non vuole gli vengano riservati nel caso diventi incapace di intendere e volere.

È un argomento molto delicato nonostante molto spesso lo si voglia liquidare semplicemente con: “Lascia che gli altri facciano quello che vogliono, che te frega?”. La questione non va affrontata in modo così superficiale e ha moltissime implicazioni, sulla vita di tutti. Potrebbe accadere a tutti di fare un incidente, trovarsi distesi su di un letto incapaci di intendere e volere e avere i medici che leggono il nostro testamento di fine vita per sapere cosa vorremmo ci fosse fatto.

Ultimamente il Comitato Nazionale di Bioetica ha messo a punto un parere messo a disposizione del parlamento, il quale potrà svolgere con maggiore cognizione di causa il suo dovere legislativo. Secondo la sola opinione del comitato, ovviamente. Questo parere prevede che il medico debba prendere in considerazione il testamento di ogni persona, ma non sarebbe però obbligato ad osservarlo. Per la sacrosanta obiezione di coscienza, che non collide, ricordo, con il giuramento di Ippocrate.
Partiamo rilevando come i progressi medici continuino, e come questo porterà per un numero sempre maggiore di persone un allungamento della vita. La questione diventa man mano che passa il tempo sempre meno rimandabile. Fino a pochi decenni i problemi di “fine vita” erano rari. Oggi invece è arrivato il momento di prendere una decisione chiara e in tempi brevi (ma non senza essersi informati prima).

Quali sono le varie argomentazioni pro e contro questo strumento? Di seguito ne prendiamo in esame le più importanti e rilevanti e ci ragioniamo sopra.

Opinione e salute: vanno a braccetto?
Devo farlo in condizioni di salute perfetta, altrimenti sono condizionato dalla paura, dall'ansia ecc. Quindi cosa fare con chi già adesso è in situazioni a rischio? Queste persone sono condizionate dalla loro situazione e la loro decisione sarebbe di conseguenza essere influenzata.
A questo punto come comportarsi? Consentire a tutti l'uso del testamento senza interessarsi della loro condizione? Si potrebbe lasciar scritte varie istruzioni a seconda delle varie situazioni in cui ci si potrebbe trovare.
E se per esempio dopo un anno la persona si risvegliasse? Non sarebbe accaduto se tale persone avesse lasciato scritto di non voler ricevere cure invasive. Si sarebbe allora costretti a nominare una specie di tutore a cui affidare la decisione nel caso si fosse impossibilitati, in modo che esso valuti la situazione esterna (progressi della medicina per esempio) e prenda una decisione più informata. I miracoli accadono, la medicina fa continui progressi, l'opinione non è mai sempre ferma.. Tante cose che in un pezzo di carta trovano difficilmente adeguato spazio. Impossibile prevedere tutto, anche volendo.
Chi può dire infatti quale sia ad oggi la decisione di una persona a una situazione ipotetica e imprevedibile? Trovandosi nella quale potrebbe, fra l'altro, cambiare opinione. Tornando a noi: l'opinione più giusta è quella presa da sani o quella presa quando si sta male? Nel caso dell'incidente stradale, per fare un esempio banale, non è possibile molte volte prendere una decisione da “malati”. Quindi bisognerebbe concludere che l'opinione che conta è quella presa da sani, per uniformità di pensiero. Ma se poi si cambia idea? Vale o no?
Al giorno d'oggi, molte volte, ci capita di far attendere la nostra decisione su questione fra virgolette banali e magari siamo anche capaci di cambiarla all'ultimo momento per le scuse più varie. Una decisione del genere dovrebbe a rigor di logica richiedere tempi titanici, e potrebbe portare a forme di ossessione e ansia: "ho preso la decisione giusta o no?" Siamo agli estremi, certo, ma tutto può accadere.
Per quanto si tenti di banalizzarla è sempre della propria vita che si parla.

Rapporto medico-paziente
Si potrebbe affidare ad una persona terza la valutazione circa i progressi medici e se questi siano sufficienti a garantire qualche speranza di risveglio. Consegnare a terzi (genitori o parenti) la propria decisione non è quello che già accade oggi allora?
Recuperare quel rapporto medico-paziente che si sta perdendo in nome della libertà dell'individuo (sembra di rivivere l'illuminismo per certi aspetti) è essenziale per la medicina e la società civile in genere. Una persona non in grado di decidere autonomamente dovrebbe, secondo me, riporre la sua fiducia nel medico e nella sua valutazione della situazione. Se il medico ritiene che la terapia sia un inutile accanimento terapeutico allora sarà chiamato a porvi fine. Come oggi accade, o dovrebbe.
Ecco perché ritengo che il soggetto più titolato a prendere tale decisione non sia la persona direttamente interessata. Anche ammesso che la sua situazione sia libera da condizionamenti derivanti dalla sua situazione come dicevo prima. Nemmeno un fiduciario o un vice nominati nel testamento potrebbero avere, di conseguenza, la titolarità di decidere. Sarà eventualmente il medico, a cui spetta la decisione finale, a consultarsi con parenti, medici o chi ritiene più opportuno.

Tesi estreme
Nei casi di stati vegetativi permanenti si potrebbe pensare di usare il corpo per sperimentazioni scientifiche, tanto per fare un esempio. Si potrebbe anche ucciderla, tanto la persona è già morta, non c'è più. Questi soggetti sono morti in quanto persone, non in quanto esseri umani. È necessario fare una distinzione: non tutti gli esseri umani sono persone.
Sorpresi? Bé, ci sono persone e articoli in cui si trova sostegno a queste affermazioni. Io per queste parole uso invece la parola sconcertante. La mia ovviamente è un'opinione personale ma sostenere il testamento biologico in questi termini è disumano. Posso ammettere a discutere liberamente altre motivazioni, ma non di questo stampo e quindi non spreco altre parole a riguardo.

Uomo padrone di se
L'uomo storicamente cerca di ampliare il suo potere decisionale a ogni aspetto della vita, di chiunque essa sia. Pensiamo all'aborto e al divorzio (da non mettere sullo stesso piano comunque). Nel nostre tempo siamo arrivati al controllo sulle nascite, ed ora si sta cercando di decidere anche sulla morte.
L'uomo vuole essere, e prima facevo riferimento giustamente all'illuminismo, padrone di se. Vuole essere il dio di se stesso (e se riesce anche degli altri) in grado di decidere su ogni cosa. La vita non è più vista come un dono da vivere e trattare e conservare con cura, su questo siamo tutti d'accordo. Almeno non arriviamo a trasformarla in una merce qualunque. A cosa arriveremo altrimenti?
Si potrebbe insinuare che lo strumento del testamento biologico verrà usato come cavallo di troia per la legalizzazione dell'eutanasia? Il passo è breve, attenzione. Anche perché coloro che si battono per l'introduzione del “testamento biologico” sono quasi sempre gli stessi favorevoli all'eutanasia e all'aborto. Non sto insinuando niente, ma il passo è breve. Ed è storicamente dimostrabile di quanto breve, a volte, possa essere il passo.

Strumento inutile
A questo punto la domanda finale da porsi è: questo “strumento di maggiore libertà di decisione personale” è veramente tale? Serve davvero a cambiare i trattamenti sanitari che riceveremmo?
Consideriamo sinteticamente le possibilità che ha il paziente con il testamento biologico:
1) Chiedere al medico di assumere una condotta al limite dell'eutanasia
2) Chiedere al medico di applicare terapie ed insistere oltre ogni ragionevole limite
3) Chiedere al medico di fare quello che vuole, fidandosi quindi del suo giudizio

Dato che il medico non è obbligato a fare quello che c'è scritto nel testamento, i primi due punti finiscono per coincidere con il terzo. Quindi finora abbiamo discusso per niente? No, perché con questo si dimostra come lo strumento in se sia inutile. Nei paragrafi prima cerco di ragionare sul perché l'uomo non deve decidere anche sulla sua morte.
Ed ecco che si torna al punto del dialogo medico-paziente, senza bisogno di inutili legalismi e formalismi contrattuali. Ricordo che l'interesse del medico è curare, non uccidere o accanirsi terapeuticamente. E questo interesse è lo stesso del paziente. O almeno dovrebbe.

Conclusioni
Nella stesura di questo articolo sono stato combattuto dalle diverse opinioni e da un sostenitore del testamento di fine vita ne sono diventato un oppositore. Non l'ho detto all'inizio perché non volevo influenzarvi o farvi pensare che con questo articolo io volessi far cambiare idea a qualcuno. Nel senso che non volevo con questo articolo imporvi un cambio di pensiero, ma presentare la mia opinione su esso e ragionarci insieme con i vostri commenti.
All'inizio avevo inteso questo strumento come semplice strumento di scelta, mi accorgo ora di quanto superficiale fosse quell'idea.
Il mio obiettivo, come sempre, è di informarsi e discutere di temi importanti e delicati. E spero vorrete approfittare della possibilità di commentare e dire la vostra come in ogni articolo. E non abbiate paura di dire la vostra, tuttalpiù che potete rimanere anonimi ;-)

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