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sabato 16 aprile 2011

Il caso Galileo: si alla scienza, no allo scientismo

Che stufa, nel 2011 siamo ancora qui a parlare del caso Galilei, di Giordano Bruno, delle crociate ecc. ecc. ecc. Tutti temi che vengono ancora erroneamente usati come capi d'accusa all'operato della Chiesa. Mentre in realtà c'è molto fumo e poco arrosto (e spesso solo le ossa).
Il caso Galilei è tornato alla ribalta a causa della mancata visita del Papa all'Università "La Sapienza", a causa di un manipolo di soli 67 professori contrari, evidentemente, alla libertà d'espressione.
Il tutto perché l'allora cardinale Ratzinger ha citato in un suo discorso una frase di un filosofo della scienza: Paul Feyerabend (anarchico e ateo), morto nel '94. Egli così scrive: "La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione". Una frase da cui il Papa ne ha preso le distanze, perché fin troppo integralista.

Credenza di partenza
  • Galileo è stato condannato perché si è rifiutato di sostenere la teoria geocentrica, sostenendo quella eliocentrica e la Chiesa, acerrima nemica della scienza lo ha costretto all'abiura e la ha condannato, torturato e forse bruciato sul rogo.
    • In realtà Galileo sosteneva un nuovo modo di fare scienza, una sorta di scientismo. Una seconda religione in cui si sostiene che con la scienza si può spiegare tutto. La sua teoria eliocentrica non era supportata da nessuna prova, ma lui pretendeva di imporla non come ipotesi, ma come verità.
Sono preoccupanti gli effetti di questo oscurantismo laicista, come scrive lo storico Titus Gurtakt in "Scienze moderne e saggezza tradizionale": "La Chiesa, esigendo da Galileo di presentare le proprie tesi sul moto della Terra e del Sole non come verità assoluta ma come ipotesi aveva le sue buone ragioni. L'esaltazione letteraria di Galileo ha fatto nascere in svariati dignitari ecclesiastici una sorta di coscienza di colpa, che li rende stranamente impotenti di fronte alle teorie scientifiche moderne, quand'anche queste siano in palese contraddizione con le verità delle fede e della ragione".