Padre Pino Puglisi (“3P”, come lo chiamavano affettuosamente i suoi ragazzi), non era certo uno di quei “cristiani da salotto” giustamente stigmatizzati da papa Francesco. Non era un teologo che passa da una cattedra all’altra e pubblica libri di contenuto elevatissimo senza però mai scendere al piano della realtà. Non era nemmeno un patito dei “pizzi e merletti” assorbito da questioni liturgiche e niente altro. Non era uno di quei farisei che tuonano dal pulpito contro i peccati del volgo, condannando tutti senza misericordia. Non aveva, insomma, nulla del tipo antropologico che il mainstream associa alla Chiesa “chiusa”, “retrograda”, “fuori dal mondo” e palle varie. Padre Puglisi era, al contrario, un tipico figlio della stagione post-conciliare: uno di quei sacerdoti iperattivi nel sociale, pare grande ammiratore di Karl Rahner.
Parroco a partire dal 29 settembre 1990 di San Gaetano, nel
quartiere Brancaccio di Palermo, si scontrò subito contro la difficile realtà di
un territorio infeudato ai fratelli Graviano, i capi-mafia legati al clan di
Leoluca Bagarella, un quartiere in cui il destino di gran parte dei giovani era
di finire a fare gli spacciatori o i ladruncoli, inseguendo il “sogno” di
finire reclutati da Cosa Nostra. In questo contesto, “3P”, si rese subito
pericolosissimo: col suo carisma, con il suo straordinario talento di
educatore, riusciva a sottrarre alla Mafia ogni fascino, spingendo sempre più
giovani sulla via di una vita onesta. Dal pulpito sfidava apertamente i boss,
rivolgendosi direttamente ai mafiosi. Freddato.
Eppure, Padre Puglisi aveva anche altre “particolarità”, che
lo rendevano lontano anni luce da “quegli altri” lassù a Genova. Lui non era un
“prete anti-mafia”: era un prete, punto e basta. Non era uno di quelli che, fra
Costituzione, Resistenza e “legalità”, finiscono per non nominare nemmeno una
volta Gesù Cristo. Tutt’altro: "Tutti quanti, secondo l'espressione di un
teologo siciliano, padre Consoli, siamo come l'unico volto del Cristo. Pensiamo
a quel ritratto di Gesù raffigurato nel duomo di Monreale: ciascuno di noi è come una tessera di questo
grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e
dobbiamo aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l'unico
volto del Cristo, splendente nella Gloria". Il segreto di don Puglisi
stava qui: il suo impegno contro la Mafia era un riflesso della sua grandissima
fede in Nostro Signore Gesù Cristo. La sua avversione a Cosa Nostra nasceva
dalla consapevolezza di quest’ultima allontanasse i ragazzi dalla realizzazione
del disegno che Dio aveva fatto delle loro vite. Don Puglisi combatteva la
Mafia perchè era la negazione del Vangelo ed uccidendolo la Mafia volle
colpire, in lui, quella Buona Novella che le stava dando tanto filo da torcere.
E non è un caso che, a fronte di certi preti che prendono un
sedicente “stare con gli ultimi” come pretesto per ergersi ad antipapi e
sviluppare un magistero personalizzato, Padre Puglisi, che con gli ultimi ci
stava davvero, al Magistero di Santa Romana Chiesa fu sempre fedele senza
tentennamenti, ed il primo a piangerne la morte fu proprio il Beato Giovanni
Paolo II, che pubblicamente lo indicò come sacerdote esemplare. Non è un caso
neppure che, a fronte di preti sedicenti “scomodi” che vivono e muoiono ad età
veneranda fra gli applausi e l’attenzione delle telecamere, la notizia
dell’esistenza di “3P”, caduto nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno
in un agguato mafioso, raggiunse i più con quella della sua morte, ed a seguire
il suo feretro non ci fossero altri che i suoi parrocchiani addolorati.
Ma per un santo, quale egli fu, sono dettagli: "Venti, sessanta, cento anni...la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo Amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo"
Ma per un santo, quale egli fu, sono dettagli: "Venti, sessanta, cento anni...la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo Amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo"
FONTE: Campari&DeMaistre
Nessun commento:
Posta un commento
La tua idea/pensiero è importante, commenta liberamente!
Per favore indica un nome (anche di fantasia) e non lasciare anonimo.